quarta-feira, 13 de fevereiro de 2013

Nessuna resa, la strada è già tracciata - di Riccardo Cascioli

In NBQ

Alla luce della clamorosa decisione di Benedetto XVI di rinunciare al ministero di vescovo di Roma, annunciata lunedì, vanno riletti gli ultimi suoi discorsi che finiscono per assumere il senso del testamento spirituale. In particolare colpisce il discorso rivolto venerdì 8 febbraio agli studenti del Seminario romano, una tradizionale lectio divina nella ricorrenza della Madonna della Fiducia. Il Papa commentava a braccio la prima Lettera di Pietro, laddove scrive: “Sia benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo; nella sua grande misericordia egli ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva, per una eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce. Essa è conservata nei cieli per voi, che dalla potenza di Dio siete custoditi mediante la fede, per la vostra salvezza, prossima a rivelarsi negli ultimi tempi".

In particolare il Papa ha voluto soffermarsi sulla parola eredità, brano che vale la pena riproporre per intero:

«Eredità – ha detto il Papa - è una parola molto importante nell’Antico Testamento, dove è detto ad Abramo che il suo seme sarà erede della terra, e questa è stata sempre la promessa per i suoi: Voi avrete la terra, sarete eredi della terra. Nel Nuovo Testamento, questa parola diventa parola per noi: noi siamo eredi, non di un determinato paese, ma della terra di Dio, del futuro di Dio. Eredità è una cosa del futuro, e così questa parola dice soprattutto che da cristiani abbiamo il futuro: il futuro è nostro, il futuro è di Dio. E così, essendo cristiani, sappiamo che nostro è il futuro e l’albero della Chiesa non è un albero morente, ma l’albero che cresce sempre di nuovo. Quindi, abbiamo motivo di non lasciarci impressionare - come ha detto papa Giovanni - dai profeti di sventura che dicono: la Chiesa è un albero venuto dal grano di senape, cresciuto in due millenni, adesso ha il tempo dietro di sé, adesso è il tempo in cui muore. No. La Chiesa si rinnova sempre, rinasce sempre. Il futuro è nostro.
Naturalmente, c’è un falso ottimismo e un falso pessimismo. Un falso pessimismo che dice: il tempo del cristianesimo è finito. No: comincia di nuovo! Il falso ottimismo era quello dopo il Concilio, quando i conventi chiudevano, i seminari chiudevano, e dicevano: ma niente, va tutto bene… No! Non va tutto bene. Ci sono anche cadute gravi, pericolose, e dobbiamo riconoscere con sano realismo che così non va, non va dove si fanno cose sbagliate. Ma anche essere sicuri, allo stesso tempo, che se qua e là la Chiesa muore a causa dei peccati degli uomini, a causa della loro non credenza, nello stesso tempo, nasce di nuovo. Il futuro è realmente di Dio: questa è la grande certezza della nostra vita, il grande, vero ottimismo che sappiamo. La Chiesa è l’albero di Dio che vive in eterno e porta in sé l’eternità e la vera eredità: la vita eterna».

I gravi problemi della Chiesa non si possono nascondere, si devono affrontare ma con grande realismo, cioè nella consapevolezza che la Chiesa non muore, si rinnova sempre, e il futuro è di Dio. Quella che ci comunica Benedetto XVI è una grande certezza, che nasce da una profonda esperienza di fede, e che spazza via quel sottile dubbio che si è insinuato nella testa di tutti noi, anche di quelli più ammirati della scelta del Papa: ovvero il dubbio che la rinuncia in fondo in fondo sia stata una resa, un arrendersi davanti ai problemi, uno “scendere dalla Croce” come alcuni giornali hanno scritto nei titoli. Ma questo sarebbe il Papa che Nanni Moretti ha descritto nel film “Habemus Papam”, non per niente citatissimo in questi giorni. Sarebbe cioè un Papa senza l’esperienza di Dio, capace di contare solo sulle proprie forze, e quando queste vengono meno ritirarsi, sconfitto dalla vita.

Ma Benedetto XVI afferma tutt’altro: lascia perché sa con certezza che a guidare la Chiesa è Cristo, perché a lui si affida totalmente e a noi indica la stessa strada, crescere nella coscienza che la nostra vita, la vita della Chiesa e la vita del mondo è nelle mani di un Altro.

Per questo ha indetto l’Anno della Fede, la strada del rinnovamento è già tracciata, indicata con chiarezza. Benedetto XVI è arrivato al nocciolo della questione: la radice della crisi del nostro tempo, crisi della società e crisi della Chiesa, sta nella mancanza di fede. Niente è più urgente di questo. Chiunque sarà il nuovo Papa non potrà comunque prescindere da questo rinnovamento che Benedetto XVI ha messo in moto, da questo cammino che è già iniziato.

E’ anche provvidenziale che questo annuncio sia arrivato proprio alla vigilia della Quaresima, che inizia oggi, mercoledì delle Ceneri: questo è il tempo privilegiato per la nostra conversione, per chiedere a Dio con forza quella fede che papa Benedetto XVI ci testimonia e ci indica come strada alla pienezza della nostra umanità.

Ma la fede non è intimismo o spiritualismo, nasce da un incontro e diventa uno sguardo nuovo su tutte le cose, dai piccoli fatti quotidiani che accadono nella nostra vita ai grandi fatti di cronaca e politica nazionale e internazionale. In questa prospettiva anche La Nuova Bussola Quotidiana è a servizio del grande rinnovamento della Chiesa che Benedetto XVI “vede”, è uno strumento per educare ad avere uno sguardo sulla realtà che parta dall’esperienza di fede.

I numeri ci dicono che è uno strumento di cui c’è davvero bisogno, perché in due mesi e mezzo di vita abbiamo più che raddoppiato i contatti, che nell’ultimo mese sono stati 210mila con oltre 600mila pagine lette. Ma sappiamo benissimo che per garantire la vita di questo strumento c’è bisogno di fondi e la parte decisiva per fare sì che La Nuova BQ continui a orientarvi tra le notizie del giorno può venire solo da voi lettori. Per questo da domani troverete il lancio di una campagna per la raccolta di fondi che ci accompagnerà fino a Pasqua.

Tutto viene da Dio, ma è affidato alla libertà degli uomini: il papato così come un quotidiano online. Esserci o scomparire dipende tutto dal nostro sì o dal nostro no.