quarta-feira, 13 de fevereiro de 2013

La falsa profezia di Malachia - di Riccardo Cascioli e Antonio Gaspari

In NBQ

Immancabile, dopo la rinuncia di Benedetto XVI, arriva la corsa alle profezie, tanto più gettonate quanto più possono far pensare a una prossima fine del mondo. Come se il 21 dicembre 2012 non avesse insegnato niente. E neanche a dirlo la profezia più gettonata è quella di San Malachia, che avrebbe previsto il susseguirsi di 111 papi, a partire dal XII secolo, per arrivare al Petrus Romanus (poi tradotto in Pietro II) che avrebbe visto la distruzione di Roma e la fine del mondo. Benedetto XVI, in questa lista, sarebbe il penultimo.

Ma chi era davvero San Malachia e cos'è questa profezia?
 
Malachia O’Morgair era un monaco irlandese cistercense, arcivescovo di Armagh, vissuto tra il 1094 e il 1148, oggi noto per la Profetia Summis Pontifices che, però, venne alla luce soltanto 450 anni dopo la sua morte, inserita in un’opera in lingua latina del monaco benedettino Arnoldo Wion, Lignum Vitae (1595), il quale la introduce soltanto con queste parole: “San Malachia morì il 2 novembre 1148. Noi possediamo tre lettere di San Bernardo a lui indirizzate, le epistole CCCXIII, CCCXVI e CCCXVII. Si crede che egli abbia scritto pure qualche opuscolo. Ma di lui non conosco che una certa profezia sui Sovrani Pontefici. Siccome questo scritto è breve e a quanto pare non è stato ancora stampato, lo riproduco qui per rispondere al desiderio di parecchi”.

La profezia in realtà è un elenco di 111 papi, a partire da Celestino II (1143-1144) ognuno dei quali definito da un breve motto in latino che dovrebbe metterne in evidenza il nome, il simbolo, il luogo di provenienza o comunque un elemento che lo contraddistingue. Dopo l’elenco dei 111 papi, nel manoscritto si trova un’intera frase che recita così: “Nella persecuzione estrema, il trono della Santa Romana Chiesa verrà occupato da Pietro il Romano, che pascerà il suo gregge fra molte sofferenze, finite le quali la città dei sette colli verrà distrutta e il tremendo Giudice giudicherà il proprio popolo. Fine (o Amen)”.

La profezia era già tornata di grande attualità dopo la morte di Giovanni Paolo II, che era il 110mo nell’elenco e ovviamente lo è ancora di più ora che Benedetto XVI rinuncia al ministero di vescovo di Roma.

L’autenticità della profezia è stata però ripetutamente smentita da una seria ricerca storica. San Malachia non è anonimo monaco, al contrario è stato una figura molto importante della Chiesa irlandese e del monachesimo cistercense. Non per niente San Bernardo ne ha scritto la biografia citando tutti gli aspetti possibili, personali e di governo della Chiesa, senza mai menzionare presunte profezie o rivelazioni personali riguardo al succedersi dei Papi. Il che sarebbe davvero strano se ci fosse stato un manoscritto del genere. Il quale è pubblicato invece per la prima volta, come detto, nel 1595.

In secondo luogo, il riferimento ai Papi precedenti il 1590 è abbastanza preciso, con motti che richiamano lo stemma o il casato, mentre per i Papi successivi il riferimento è molto più vago e diventa possibile solo andando alla ricerca di elementi eterogenei cosa che, tra l’altro, renderebbe possibile la compatibilità con qualsiasi personaggio. Ad esempio, il primo papa della lista, Celestino II, è definito Ex castro Tiberi, con allusione al luogo di origine del Papa, che nacque a Città di Castello, sul fiume Tevere. Eugenio III (1145-1153) è definito Ex magnitudo montis, e anche qui il riferimento è al luogo di nascita: Montemagno, in provincia di Pisa.

Se invece guardiamo ai papi della nostra epoca, le interpretazioni date ai rispettivi motti sono a dir poco forzate. Giovanni XXIII sarebbe Pastor et Nauta (pastore e marinaio) con riferimento al suo mandato di Patriarca di Venezia (antica repubblica marinara) o al ruolo di “traghettatore della Chiesa nel mare della modernità” attraverso il Concilio Vaticano II. Paolo VI è indicato dal motto Flos Forum, fiore dei fiori, definizione che alcuni attribuiscono al giglio: nello stemma di Paolo VI compaiono tre gigli. Giovanni Paolo I è De Medietate lunae, che molti hanno riferito al fatto che il suo pontificato – 33 giorni – è durato “il tempo di una luna” con riferimento al mese lunare; in realtà il mese lunare è di 28 giorni e mezzo mese lunare, come indica il motto, è quindi di 14 giorni. Giovanni Paolo II sarebbe De labore solis, che alcuni vedono come riferimento alla provenienza da un Paese dell’Est (dove sorge il sole). Benedetto XVI sarebbe poi De gloria olivae, motto che fa faticare non poco gli esegeti di Malachia: l’interpretazione che va per la maggiore fa riferimento al nome Benedetto sostenendo che i benedettini sono chiamati anche olivetani, il che però non è vero in quanto gli Olivetani sono soltanto un ramo riformato del monachesimo benedettino; più recentemente ci si è riferiti al fatto che Benedetto XVI ha canonizzato il fondatore degli Olivetani, san Bernardo Tolomei, ma si vede che per poter rendere credibile la profezia bisogna fare un notevole sforzo di fantasia.

Del resto come non notare che un motto del genere è così vago da potersi adattare a chiunque? A un papa italiano (terra degli ulivi) come a un papa mediorientale o nordafricano (di carnagione olivastra) o anche a un papa impegnato per la pace (l’ulivo è simbolo di pace). Qualcuno prima del conclave che ha poi portato all’elezione del cardinal Ratzinger, aveva visto nella profezia di Malachia un rafforzamento della candidatura al papato del cardinal Martini, ma era sicuramente qualcuno esperto di cocktail, visto che aveva associato l’oliva al Martini.

Un altro elemento sottolineato dai critici è il fatto che nell’interpretazione classica, nell’elenco dei Papi sono considerati anche dieci anti-papa, il che è quantomeno curioso. Per la Chiesa gli anti-papa non possono essere certo inclusi nella successione di Pietro (tanto è vero che l’esistenza di un anti-papa Giovanni XXIII all’inizio del XV secolo non ha impedito che papa Roncalli assumesse quel nome nel 1958) né nella profezia si fa menzione di eventuali anti-papa, come ci si aspetterebbe. Se dovessimo perciò togliere gli anti-papa dall’elenco troveremmo che Benedetto XVI non sarebbe più il 111esimo Papa della lista ma soltanto il 101mo, Crux de Cruce, con tanti auguri agli esegeti per trovare un nuovo aggancio tra persona e motto.

Un ultimo problema riguarda il 112esimo della lista, Petrus Romanus. Secondo alcuni storici si tratterebbe di un’aggiunta al testo inserita nel XIX secolo, ma a parte questo, la profezia non parla di un 112esimo papa. La cosa ha dato adito a due interpretazioni. La prima è che ci possano essere altri papi dopo il numero 111 e prima di Petrus Romanus, che poi nella tradizione è diventato Pietro II: in questo caso la fine della Chiesa e del mondo sarebbe rimandata a data da destinarsi. La seconda è che dopo Benedetto XVI non ci sia un altro Papa, ma un “reggente” che guidi la Chiesa senza che ci siano tempo e condizioni per la convocazione o la conclusione di un conclave.

In questo caso la fine sarebbe davvero prossima: al venir meno di un papa (per morte o, come in questo caso, per rinuncia) la reggenza della Chiesa spetta infatti, fino all’elezione del papa successivo, al cardinale Camerlengo di Santa Romana Chiesa. Attualmente il Camerlengo è il cardinale Tarcisio Bertone, che è anche segretario di Stato vaticano. Ebbene, il nome completo del cardinale Bertone è Tarcisio Pietro Evasio, nato a Romano Canavese: ed ecco fatto Petrus Romanus, a patto di non farsi domande sul perché Malachia avrebbe indicato il secondo nome e non il primo, e usato come aggettivo (Romanus) il nome della città che in questo caso è sostantivo. Ma, del resto, quando si è fermamente intenzionati a credere a qualcosa è inutile farsi domande.

* Tratto dal libro «2012 - Catastrofismo e fine dei tempi», Piemme